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Disturbo di panico le tre cose da non fare in psicoterapia
Disturbo di panico le tre cose da non fare in psicoterapia
Psichiatra, psicoterapeuta cognitivo comportamentale, e docente di terapie cognitive di terza generazione integrate con la mindfulness, fondatore della scuola di formazione post-specializzazione Scienze cognitive di Ecomind. Direttore scientifico del team dei disturbi di ansia e panico e terapie basate sulla mindfulness e ACT.
Il Disturbo di Panico è il campo di battaglia degli psicoterapeuti. A causa della sua relativa frequenza, non ci sono psicoterapeuti che non abbiano avuto modo di occuparsene nel corso della loro professione almeno una volta.
Eppure è molto frequente riscontrare degli errori nel trattamento probabilmente dovuti al fatto che la formazione in psicoterapia non è solitamente centrata sui problemi e sulle strategie efficaci per quei problemi, ma su modelli generali che vengono poi applicati ai singoli casi.
Il primo errore, forse il più frequente, è scambiare il Disturbo di panico per un problema di attacchi di panico e quindi ritenere che per risolvere il problema bisogna sconfiggere gli attacchi di panico. Sembra un'opinione ovvia e di buon senso, ma è completamente sbagliata. Purtroppo è esattamente questa idea ad alimentare il Disturbo di panico che, vorrei ricordarlo, consiste principalmente nell'idea che gli attacchi di panico siano in qualche modo pericolosi e che bisogna far di tutto per non averne. La conseguenza di questa concezione è l'evitamento, il principale problema del disturbo di panico.
In altri termini, è del tutto comprensibile che chi soffra di Disturbo di Panico ritenga che il suo problema sono gli attacchi di panico.
Ciò che non è comprensibile è che uno psicoterapeuta colluda con questa idea, contribuendo alla cronicizzazione del problema.
Infatti il problema non si risolve cercando di non avere attacchi di panico, ma imparando a superare l'ideazione catastrofica associata all'idea di avera attacchi di panico.
Il secondo errore è la tendenza a "spiegare" il problema con interpretazioni o ricostruzioni del passato o delle relazioni significative delle persone.
Non che il passato o le relazioni significative non siano importanti, ma in questo modo non si affronta il nodo centrale del problema: l'ideazione catastrofica associata a talune sensazioni di ansia! Se non si supera questa ideazione, qualsiasi spiegazione, per quanto accurata, non ha alcun effetto terapeutico.
Il terzo errore consiste nel fare eccessivo affidamento sulla razionalizzazione: "Non succede nulla", "Con gli attacchi di panico non si muore, non si sviene, non si perde il controllo", "Hai una prova che con un attacco di panico puoi morire?", etc. etc.
La razionalizzazione è utile fino a un certo punto. Può essere senz'altro utile per superare delle condizioni di franca ignoranza del fenomeno. Ma non serve a molto quando le persone sostengono di essere già convinte che le loro paure sono irragionevoli, ma, dicono "eppure non riesco a superarle!"
Una strategia terapeutica deve tener conto dell'importanza dell'esperienza diretta, della graduale familiarizzazione con le proprie sensazioni, le proprie emozioni, con la tangibile, tattile, esperienza percettiva che ciò che viene immaginato non è ciò che viene percepito.
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