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Psicologo clinico, esperto e autore di opere relative all'età evolutiva e alla genitorialità. Svolge attività privata nel Parent Training, nella consultazione alla genitorialità e agli adolescenti.
Ci sono bambini con temperamenti più “facili” e altri con temperamenti più ostici e difficili da gestire. Ciò non significa che questi ultimi siano “peggiori” dei primi, ma soltanto che hanno minori capacità di autoregolazione delle emozioni, hanno maggiore necessità dell’intervento dell’adulto per contenerli, e fanno più fatica ad adattarsi a mutate condizioni, a frustrazioni o contrarietà. Accade molto spesso, però, che da queste tre caratteristiche scaturisca una spirale negativa di rapporti tra genitori e figli che finisce con l’avvelenare non solo il presente ma anche il futuro del bambino. Un ingrediente quasi sempre presente in questa miscela tossica è una sorta di cecità mentale che impedisce al genitore di cercare di comprendere cosa ci sia nella mente di quel bambino; talvolta, addirittura, egli viene proprio scoraggiato e ammonito contro la mentalizzazione con frasi che abbiamo già incontrato: “sono solo capricci”, “è un bambino impossibile”, “non fargliene passare nessuna se no vedrai...”, “tutte storie, due belle sculacciate sono quello che ci vuole”. Il bambino diventa suo malgrado un incompreso sempre più arrabbiato, e non farà che comportarsi sempre peggio. Mai come in questi casi l’esortazione a uno sforzo di comprensione di cosa gli passi per il cervello è fondamentale. Ricordate: mentalizzare è più difficile proprio nei casi in cui ce n’è più bisogno. Il primo tipo di bambini del genere che andiamo a incontrare sono…
I reattivi
È una domenica di primavera, e i genitori di Ale e Mat, 6 e 7 anni, annunciano un bel giro in bicicletta verso le cinque. I bambini sono eccitati e felici. A metà pomeriggio però il tempo si guasta irrimediabilmente: diluvia e fa freddo, per cui la gita deve essere rimandata.
Ale grida un “uffa!” poi rapidamente si mette alla ricerca di altre cose da fare, e infine si lascia assorbire da una complessa costruzione con i LEGO. Mat invece non si limita a gridare una volta, ma seguita a strepitare a lungo, chiedendo di andare lo stesso, apostrofando i genitori come cattivi e perfidi, rifiutando collericamente ogni proposta di alternativa. La rabbia diventa disperazione quando i genitori gli fanno notare, esasperati, che pur essendo più grande sta dando cattivi esempi al fratello così bravo e comprensivo...
«A volte mi sembra che Mat lo faccia apposta per farmi uscire di testa» potrebbe dire il papà se ci fosse qualcuno lì a intervistarlo, «non mi capacito del perché si debba comportare così male per una delusione da nulla! Capisco, dispiace anche a me rinunciare alla gita, ma via, perché non fa semplicemente come suo fratello?»
L’escalation continua, con ripetuti tentativi di far cessare le scenate di Mat, tanto che alla fine viene punito duramente.
Questo è uno di quei casi in cui si crede di mentalizzare, ma lo si fa prescrivendo una reazione piuttosto che un’altra. Cioè, il modo in cui Ale reagisce ci appare giusto e comprensibile, quello in cui reagisce Mat no. A quel punto si sovrappongono i vissuti negativi del genitore che si sente attaccato, impotente, alle corde. Mentalizzare diventa una impresa eroica, e si desidera soltanto che Mat la faccia finita. Diciamocelo chiaro:
non c’è alcun modo efficace per farlo smettere, mentre ce ne sono molti per far sì che faccia anche peggio, e i genitori dell’esempio ne hanno applicati almeno due: paragonarlo al fratello e punirlo per comportamenti che non sono sotto il suo controllo. Che fare allora? Arrendersi all’evidenza: i due fratelli hanno un temperamento differente e nessuna punizione modificherà le difficoltà di regolazione emotiva di Mat!
Il suo comportamento dirompente di fronte alla delusione significa che ha bisogno di voi per calmarsi, e voi potrete farcela se solo vi sforzate di comprendere cosa accade in lui in quel preciso momento: pare proprio che un cambio di programma che implica una rinuncia scateni nella mente di Mat una tempesta emotiva a cui non riesce a venire a capo.
Fermatevi un momento a riflettere: vi è mai capitato di sentirvi preda di un uragano di dolore, rabbia e delusione? Almeno una volta? Provate a rievocare l’episodio... che età avevate, cosa provavate dentro di voi, di cosa sentivate il bisogno... non è detto che arriviate alle stesse conclusioni di Mat, dopotutto potreste anche voi avere un temperamento diverso da lui, ma è importante che mettiate a fuoco vostri momenti di grande malessere dovuto a delusioni, per poter poi impegnarvi nel lavoro di comprendere cosa accada a Mat in analoghe occasioni. Quali che siano gli esiti del vostro percorso di rievocazione, non dimenticate che, come nel caso di Mat, avete di fronte un bambino che è doppiamente impedito a cavarsela da sé dalla sua età (e immaturità) e dal suo temperamento, quindi ha bisogno di voi. Anziché chiedergli di seguire il “buon esempio” del fratellino (al quale giocare con i LEGO non è costato proprio nulla sul piano emotivo!), provate a dare voi il buon esempio: evitare di andare in collera contro un bambino che sta soffrendo, e cercate di rendervi utili. Col tempo Mat farà suo questo atteggiamento costruttivo e avrà via via meno bisogno di un aiuto esterno.
La prestazione prevede un colloquio on line audio e video di circa 50 minuti. Destinata a individui e coppie, per avere orientamento su tematiche di relazione coi figli, problematiche educative, comportamenti difficili.